Forse siamo troppo vecchie per The Kissing Booth 2

E’ il 2020, sei sulla soglia dei 30 anni, fa caldo e in un momento di spensieratezza ti volti indietro a ripensare alla tua adolescenza e ti tornano in mente le The Cheetah Girls, i loro suoni pop stile Disney, con il messaggio che bisogna lottare per i propri sogni e che la vita è costellata di difficoltà, ma se al tuo fianco hai un fidanzato, famiglia e amici sinceri, decisamente ogni ostacolo può essere superato. Ti tornano in mente Raven Simonè e Hilary Duff, paladine del piccolo schermo che han dato voce a tante bambine e adolescenti nel primo decennio degli anni 2000. Ricordi Cady Heron e Regina George che con la loro rivalità ti hanno dapprima insegnato ad odiare il rosa e dopo ti hanno mostrato che l’unione fa la forza e che la sorellanza, quella positiva, è una grande forza per il genere femminile.

Oltre a rafforzare i nostri spiriti di sorellanza, la pop culture ci insegna (e soprattutto la Disney) che un romanticismo di successo è un romanticismo in cui lui e lei si odiano (o si ignorano) finché un evento X (di solito un ballo della scuola, un evento di beneficenza o una classica imbarazzante figura di lei che mette a repentaglio la sua già carente reputazione) non li fa avvicinare. A quel punto inizia il pathos, momenti nei quali i due si studiano, ballando una strana danza i cui passi richiamano un classico tira e molla. Nessuno dei due è chiaro sui sentimenti che prova, ma di solito lui (quello popolare o bello e dannato alla James Dean dei poveri) è quello che tiene testa nel rapporto, che sa quello che vuole e che finisce per lottare contro l’indecisione di lei e accaparrarsi il premio: l’amore della fanciulla. Siamo cresciute bene lo stesso, anche dopo aver visto e rivisto questi temi mille volte e alla soglia dei 30 anni, quando la sera ti stendi sul divano e apri Netflix ci sta che non vuoi sempre guardare documentari o grandi show impegnati, per cui l’idea che Netflix proponga film leggeri e spensierati ci alletta, e non poco.     

Nel 2018 The Kissing Booth, distribuito da Netflix, è stato massacrato dalla critica per i suoi contenuti stereotipati e misogini. Se la critica lo ha attaccato duramente però, ha ricevuto enormi consensi da parte del pubblico tanto da ritrovarci nel 2020 con un secondo film e con un terzo già in cantiere programmato per il 2021. 

Ricordando brevemente la trama del primo capitolo della oramai trilogia (e si spera rimanga tale) vediamo Elle Evans e Lee Flynn, nati lo stesso giorno e nello stesso ospedale, come protagonisti del film. Sono migliori amici da tutta la vita. Per proteggere la loro amicizia, hanno stabilito delle regole da rispettare, tra le quali c’è quella che vieta a Elle di frequentare il fratello di Lee, Noah, pena la fine della loro amicizia. Tuttavia, Elle si innamora di Noah, conosciuto nella scuola per essere un rubacuori. A questo punto Elle deve fare una scelta: l’amicizia o l’amore.           
Tra peripezie e scontri emotivi, il finale del primo film ci lascia con i due protagonisti nuovamente amici e affiatati, con Elle innamorata e felicemente in coppia con Noah e tutto un nuovo percorso di relazione da gestire, in quanto il ragazzo sta per partire per il college. 

Il secondo capitolo riprende proprio da qui, da pochi mesi post partenza, con Elle che gestisce (male) la sua vita in assenza del suo amore, opprimendo (ma neppure tanto in realtà perché lui è assolutamente consenziente) il suo migliore amico e attentando alla vita amorosa di quest’ultimo, che dal suo canto non fa assolutamente niente per cercare di bilanciare il suo rapporto con Elle e il rapporto con la sua ragazza.             
Seguendo sempre le beneamate regole del duo Evans-Flynn, a quanto pare i due amici avevano dai tempi di matusalemme deciso di andare al college insieme, ma eccola lì l’ennesima scelta di vita che Elle si ritrova ad affrontare: faccio domanda all’uni con il mio BFF oppure mando al diavolo le convinzioni di una vita per adattarmi alla realtà del mio boy?

Nel marasma di indecisione e scavalcando le miriadi di scelte sbagliate fatte da tutti, e dico tutti, i membri del film (a parte i genitori che, belli miei, non si vedono praticamente mai), ovviamente non poteva non mancare la gelosia a distanza che Elle prova nei confronti di una nuova amica di lui, una tipa alla moda, assolutamente intelligente e acculturata e a quanto pare anche piena di soldi. A rendere il tutto ancora più allettante è l’attrice, che ai fan di Legends Of Tomorrow non sarà affatto sconosciuta. Parliamo infatti di Maisie Richardson-Sellers, Chloe Winthrop nel film. Maisie è una talentuosa attrice che nello show della CW ha ampliamente dimostrato le sue capacità recitative, ma in questo film è stata capace di raccontare altre sfaccettature del suo talento. Tra tutti, unica che per me è risultata al 100% credibile, soprattutto perché nello schermo riuscivo a percepire quanto credesse nel suo personaggio e nella voglia di mostrare al pubblico quanto una donna fiera, colta, indipendente e audace non debba per forza essere una mangia uomini. Per tutto il film si cerca di dipingere il personaggio di Chloe come l’antagonista, senza riuscire davvero a capire che il vero antagonista del film è uno: lo stereotipo.             
In questo film vengono normalizzate le gelosie ossessive, la rivalità femminile e la possessività per niente sana tra due amici che dovrebbero essere come fratello e sorella, invece si dimostrano più uno il carceriere dell’altro. E non basta inserire dei bei paesaggi, una fotografia suggestiva, due muscoli e l’idea di normalizzare l’amicizia uomo/donna o le coppie teen omosessuali. Si, sicuramente questi aspetti rendono attuale e magari anche reale ciò che si sta vedendo, ma non permettono di dimenticare o accantonare la miriade di messaggi sbagliati che invece sono alla base di tutto il film. 

Vorrei spiegare un paio di cose a chi ancora non è cosciente di ciò che sto dicendo:

È sbagliato far credere ad una ragazza che bisogna per forza scegliere tra amore e amicizia.             
E’ sbagliato far credere ad una ragazza che il bello e dannato può essere salvato con l’amore, la devozione e con l’annullamento totale.             
E’ sbagliato far credere ad una ragazza che, una volta in una relazione, questa debba per forza decidere se modificare o meno i suoi piani in relazione a ciò che vuole lui e come lo vuole. Nessuno può decidere per noi, ricordiamocelo sempre ragazze. Sempre. Nessuno può permettersi il lusso di farci dubitare delle nostre idee, delle nostre scelte e metterci davanti alla possibilità di dover riscrivere il nostro domani solo perché a lui non piace quello che decidete.      
E’ sbagliato far credere a delle ragazze che prima della sorellanza ci debba essere per forza della rivalità. È avvilente, sconfortante e anche abbastanza patologico. Esistono tante, tantissime donne che hanno imparato a capire l’enorme potere dell’amicizia al femminile. Io per prima, nonostante abbia avuto un’adolescenza turbolenta, per fortuna ho scardinato le convinzioni di una vita in favore di una sorellanza che appoggia, che mi stimola, che capisce, che incoraggia e che supporta in caso di difficoltà e di successi. Bisogna gioire insieme e combattere insieme. Non possiamo permettere al demone del patriarcato di contaminare ancora il nostro giudizio a favore della guerra tra donne. Insieme siamo forti, siamo bellissime e soprattutto siamo degne di essere valorizzate. 

The Kissing Booth non rappresenta una pop culture degna di essere chiamata tale e sapete perché?        
Perché per quanto possa essere leggero, divertente, a tratti romantico e magari anche spensierato, promuove uno tra i messaggi più sbagliati che possano mai esistere nella società contemporanea: la rivalità tra maschi. 

In questo secondo film viene introdotto il rivale in amore di Noah, un americano di origini latine che fa scaldare i cuori (e non solo) di tutto il plesso studentesco di Elle e Flynn. Marco è il nuovo playboy della scuola, successore di Noah e appena trasferito, per cui è sotto lo sguardo di tutti e oggetto di numerosi pettegolezzi.     
Senza entrare nel merito di quanto accade nel film, è innegabile che Marco e Noah siano rivali. Perché non è una romcom teen se non ci mettiamo la dose giusta di testosterone che si batte per l’onore della giovane fanciulla, dico bene?

E invece no!  
E’ tutto così sbagliato che mi viene da urlare, perché mi rendo conto che nonostante i progressi e i tentativi di inclusività siamo ancora troppo lontani da un consapevole utilizzo dei media. I film, in quanto medium (ovvero prodotti che trasmettono e filtrano una realtà, un messaggio, un contesto) dovrebbero rappresentare la verità e non ciò che il patriarcato vorrebbe venisse trasmesso. 

La società ci ha insegnato (in maniera errata) che essere donna porta con sé dei doveri e altrettanto accade per gli uomini.     
In un mondo in cui si sta cercando di scavalcare questi stereotipi però, mi domando come possa essere possibile che un film per ragazzi basi le sue dinamiche interne esattamente su questi stereotipi. E’ anche e soprattutto grazie alle rappresentazioni che, in larga scala, si può pensare di indirizzare le persone verso differenti modi di agire e di pensare. Promuovere l’idea che due adolescenti maschi debbano per forza farsi la guerra a suon di testosterone e sgambetti per accalappiarsi la ragazza di turno per me è antico e subdolo, nonché molto scontato.  Sicuramente sarebbe più rischioso portare in scena dei personaggi nuovi, moderni e costruiti in base a ciò che vorremmo fosse la realtà quotidiana. Non sarebbe scontato il successo, ma almeno si cercherebbe di andare incontro ad un cambiamento che gioverebbe la società tutta e quindi si, anche gli spettatori di film apparentemente banali come questo.  

In definitiva no, direi che se siete sul divano con il telecomando in mano e state cercando qualcosa di bello da guardare su Netflix, The Kissing Booth II non fa al caso vostro (soprattutto se vi state avvicinando ai 30 anni e certe tematiche vi hanno stufato).    
Se intendete perseverare lo stesso però, allora sappiate che il film diretto da Vince Marcello, basato sull’omonimo romanzo di Beth Reekle e che vede nuovamente protagonisti gli attori Joey King, Jacob Elordi, Joel Courtney e Molly Ringwald, vi aspetta su Netflix. 

A vostro rischio e pericolo però.   
Io vi ho avvisati!

Un saluto a distanza,

Ross.