Hollywood: la realtà alternativa che prova a fare ammenda

Da grande estimatrice dei lavori di Ryan Murphy, appena mi è stato possibile non ho esitato un attimo nel recuperare una delle sue ultime uscite, una serie che si è rivelata essere un piccolo gioiellino che luccica in questo anno a dir poco discutibile: Hollywood.

Di Ryan ho sempre ammirato la grande capacità di raccontare l’esuberanza, la maestosità e la grandezza del vivere umano in maniera elegante, sfacciata e anticonformista. Lo reputo un visionario, capace di portare lo spettatore ad immergersi totalmente nel mondo da lui creato, immergersi talmente tanto da non voler più ritornare alla vita reale. Quella vita blanda, spesso priva di brio e di colpi di scena, gli stessi di cui si nutre l’estro artistico di Murphy. 

I mesi trascorsi ci hanno insegnato che una pandemia può essere affrontata in decine di modi diversi: aggrapparsi ai mondi di finzione è stato uno di questi e in questo stesso clima incerto e altalenante, Ryan ha deciso di rilasciare diverse serie tv sulla piattaforma Netflix. Forse per allietarci e farci compagnia o forse perché la sua irrefrenabile vena artistica non è riuscita a placarsi e anzi, ha deciso di farsi sentire con ancora più forza.

A maggio del 2020, infatti, Netflix ha rilasciato Hollywood, nuova – ennesima – figlia di Ryan Murphy. Una serie che ci catapulta nella Hollywood degli anni d’oro, una Hollywood che vive il dopo guerra con estrema esuberanza e voglia di rivoluzione. In questo kaleidoscopio di emozioni si muove un gruppo di aspiranti star che vogliono sfondare nel mondo del cinema ed entrare nella storia. E, perchè no, magari cambiarla. 

Per questa serie Ryan decide di metter su un cast d’eccellenza, pregno di volti amici e arricchito di nuovi volti bellissimi e talentuosi. Uno strepitoso David Corenswet fa la sua comparsa nell’universo Murphy e apporta il suo contributo in maniera a mio parere magistrale. Darren Criss (chi mi conosce sa della mia passione per quest’uomo) non emerge particolarmente in questo show, ma riesce ad essere comunque un valido elemento in prospettiva generale. Non mancano poi le figure femminili, da giovani e talentuose donne come Laura Harrier e da mostri sacri della scena internazionale come Patti LuPone. Non mancano anche gli amici, sempre presenti nelle grandi produzioni targate Murphy, per cui non poteva mancare il bellissimo talento di Jim Parsons

L’America degli anni d’oro, come viene definita dagli storici e da tutti i nostalgici, è l’America degli anni ’50, un’America vogliosa di riconquistare la felicità, la serenità e soprattutto un’America che sogna in grande, che decide di voler essere talmente magnifica e brillante da farsi sentire e vedere in ogni angolo del mondo. Ryan in Hollywood racconta di quegli anni lì, pieni di possibilità, lustrini e riflettori. Di una società che vuole riprendersi la speranza e vuole cavalcare l’onda di un nuovo giorno come se non ci fosse altro tempo per farlo. Tutto e subito, senza rimpianti o ripensamenti. Bisogna vivere e bisogna farlo adesso, perchè la grande guerra e la depressione hanno insegnato il valore di ogni singolo giorno. 

Hollywood ci propone tutto ciò attraverso gli occhi gentili, sognatori e anche un po’ impauriti di Jack Castello, un ventenne veterano della Seconda Guerra Mondiale che, tornato dal fronte con desiderio di rivincita, decide finalmente di voler inseguire il sogno di diventare un grande attore.
Attraverso l’esperienza di vita di Jack, i suoi successi e le sue delusioni, lo spettatore viene a conoscenza degli scheletri e dei mostri che si celano dietro ai riflettori e alle luci sgargianti dei carpet. Veniamo quindi a conoscenza del razzismo di cui è pregna la scena americana, del classismo e della grande ipocrisia che vige sovrana (purtroppo ancora oggi) nel pensiero americano. Un tristissimo esempio lo possiamo trovare nella storia di Anna May Wong, di cui non anticipo nulla. Lasciatemi solo preannunciare tante lacrime, empatia e tanto affetto per la storia di questa magnifica artista. 

L’America è la terra delle opportunità e, si sa, se non riesci a vincere facile allora è lì che c’è bisogno di reinventarsi. E Jack lo fa, iniziando a lavorare come benzinaio – gigolò. Grazie a questa opportunità lavorativa e ai rapporti che instaura tramite il nuovo lavoro, sia Jack sia lo spettatore vengono a conoscenza di un assunto importante, che rimarrà una costante dall’inizio alla fine dello show: niente è gratis, tutto ha un prezzo e si può riscuotere nei modi più svariati, a patto che l’etica e la morale stiano fuori dai giochi. 

Anche se portato agli estremi, la serie riesce a trasportare la realtà nella finzione, soprattutto quando si parla di lezioni di vita. I percorsi dei vari personaggi si intrecciano, si mischiano e il tutto si incanala in un enorme momento di convergenza: la creazione del film con sceneggiatura di Archie, la cui unica colpa è quella di essere afroamericano e omosessuale. In un’America che lo ripudia, lo allontana, ma che allo stesso tempo vuole prendersi con la forza i frutti dei suoi sforzi, questo bellissimo personaggio vuole semplicemente raccontare una storia, la sua storia, attraverso la trasposizione cinematografica del racconto di Peg Entwistle, giovane attrice britannica tragicamente morta suicida nel 1932, gettandosi dalla famigerata scritta Hollywood. 

Peg è reale  e non solo vive in ognuna di noi, ma è anche un personaggio realmente esistito che Ryan decide di omaggiare per estirparla dal tragico dimenticatoio in cui è finita.
Le cose non vanno come previsto però, per cui il film di Peg non solo si ritrova ad essere la trasposizione cinematografica di una storia commovente e straziante, ma diventa molto presto anche un simbolo di lotta.
Analizzando il susseguirsi di eventi che accadono nello show, ho scorto dei collegamenti che potenzialmente possono unire il presente ed il passato, il reale e la finzione. E sono arrivata alla mia conclusione: il messaggio più forte dello show riguarda il potere. Ciò che significa, ciò che porta con sé, ciò a cui siamo disposti a rinunciare per averlo e quanto questo ci cambia. Il potere, però, in questo magnifico prodotto telefilmico è inteso anche nella sua forma più subdola e sottile. Non lo vedi, ma lo senti benissimo.
A tal proposito, il potere della comunicazione è la forma analizzata da Ryan. Con gli eventi raccontati si capisce chiaramente quanto le cose avrebbero potuto essere diverse in quegli anni per tantissime persone, se solo chi si trovava in una posizione di potere avesse preso diverse decisioni. Decisioni magari audaci per l’epoca, rischiose e assolutamente imprevedibili, ma che avrebbero potenzialmente potuto cambiare la visione di un popolo intero e sensibilizzato le coscienze collettive. 

I film, esattamente come qualsiasi forma artistica, sono una forma di comunicazione.

Nello specifico però, il film è un medium, ovvero un filtro che permette di incanalare determinati messaggi e farli arrivare ad una vasta gamma di persone. I film mediano, cioè indirizzano il messaggio e per questo hanno potere. Film trasmessi al cinema, in televisione piuttosto che su un qualsiasi dispositivo che oggigiorno possiede uno schermo, quei film dicono qualcosa, esprimono qualcosa e veicolano dei messaggi che possono unire, dividere e rappresentare.
Peg nella sua storia originale è una donna bianca, quindi niente di nuovo sullo schermo: in quegli anni gli scrittori, gli sceneggiatori, i produttori e tutti coloro che lavoravano in quel mondo avevano potere se erano maschi, bianchi, etero e cisgender. Non c’era spazio per altro e pur volendo  ci fosse stato lo spazio, nessuno aveva il coraggio di prenderselo non credendo di meritarlo. Perchè così era sempre stato e così pensavano dovesse essere. Per le donne, le persone non bianche, per le persone queer (all’epoca additate con questo appellativo dal significato dispregiativo) e tutti coloro che non si identificavano nello stereotipo dell’americano medio imposto dalla società al potere di posto non ce n’era. Esisteva solo la marginalità, l’accontentarsi, esistevano solo i sogni rinchiusi in cassetti troppo piccoli e la voglia di sentirsi rappresentati, visti e ascoltati. 

Archie, con la sua sceneggiatura e la sua grande voglia di riscatto, cerca di fare questo. Cerca di dare forma e colore alle minoranze, incoraggiato anche da una serie di personaggi che lo spronano e lavorano assieme a lui per far diventare il sogno una realtà.
La caccia alla Peg perfetta è quindi parte integrante del grande messaggio e scoprirete perchè. 

È parte del grande messaggio anche il favoloso Jim Parsons, che mette in scena un personaggio di uno spessore indecifrabile, riuscendo a suscitare nello spettatore emozioni contrastanti che vanno dall’odio alla compassione, dal rispetto alla commiserazione. 

Non è facile descrivere il senso di speranza e di appartenenza che mi ha regalato Hollywood, forse perchè ne avevo così tanto bisogno da aver zittito in parte la necessità di provare questi sentimenti. Perchè la pandemia a me sta lasciando questo: la repressione.
Ho represso e accantonato così tanto in questi mesi da non rendermi conto di aver bisogno di qualcosa che mi portasse ad avere di nuovo speranza, che mi spronasse a pensare di nuovo ai miei sogni in maniera concreta. E i personaggi di Hollyood mi hanno dato questa possibilità di cui non potrò mai essere abbastanza riconoscente.
Ryan e Hollywood, con semplicità e senza aspettative, mi hanno dato la possibilità di tornare a sorridere per le piccole cose e di gioire delle vittorie apparentemente insignificanti.
E sappiamo tutti quanto ne abbiamo bisogno di sorrisi e speranze in questo 2020.
Nella speranza di non aver anticipato molto quindi, vorrei con tutto il mio cuore invogliarvi a guardare questo piccolo spiraglio di luce, capace di trasmettere buoni sentimenti e senso di rivincita. Voglio consigliarvelo perchè credo ne abbiate bisogno, esattamente come ne ho avuto bisogno io. Un modo per essere distanti e vicini allo stesso tempo, ma anche un modo per rimanere empatici in un momento storico fortemente individualista ed egoista.
Abbiate sempre fame di buoni sentimenti, perchè sono quelli che ci permettono di continuare a guardare il mondo per ciò che vorremmo che fosse e non per ciò che è.
Guardate Hollywood, vi aspetta su Netflix.
Un abbraccio a distanza fortissimo,
Ross.