Un guilty pleasure chiamato #Bridgerton

Qualche tempo fa stavo parlando con una mia amica e, fra una chiacchiera e l’altra, mi ha chiesto
che cosa avevo fatto di bello a Natale. Considerando il momento difficile che stiamo vivendo mi ha
fatto piacere come richiesta, soprattutto perché è chiaro che io non abbia potuto fare poi
molto.
Le ho elencato le attività: ho mangiato, sono stata in buona compagnia, ho giocato alla playstation,
ho giocato a tombola e sì, ho guardato Bridgerton.
Mi ha subito confessato di aver sentito un sacco di buoni pareri al riguardo e mi ha chiesto se
valesse la pena guardarlo, ma soprattutto cosa ne pensassi del prodotto, ed io, da brava telefilm
addicted, non mi sono risparmiata. L’ho subito messa in guardia, perché da buone amiche si fa
anche questo: “l’unica cosa che posso dirti è che è trash.”
Mi spiego, non trash in senso negativo, le ho detto subito, ma che si trattava comunque di un
prodotto che andava visto senza troppe aspettative, consapevole di star guardando un telefilm
che non ha una grande veridicità storica – se cercate quello, guardate the Crown -, ma che
nonostante tutto mi aveva colpito, perché molto leggero. Era sicuramente qualcosa che si
accoppiava benissimo con il periodo festivo, condito di copertina, una bella tazza di cioccolata
calda o vino rosso delle feste, insomma scegliete voi un po’ quello che preferite.
Giustamente la sua successiva domanda è stata legittima: “intendi un trash alla Riverdale o un trash
alla Screem Queens” e quindi, di conseguenza, geniale? La mia risposta è stata altrettanto semplice,
nessuna delle due, ma aggiungo, in quanto entrambe fan di tale letture, che era più riconducibile
ad una fanfiction e quindi, ai miei occhi, rientrava pienamente nel trash di SUPER qualità.
Eh sì cari lettori, Bridgerton sembra essere una fanfiction partorita dalle mani e dal cuore di una
fangirl davvero talentuosa. Una di quelle opere che vengono generalmente classificate nel gruppo fake dating to lovers, che è esattamente quello che succede sullo schermo.

Per favore, partiamo però dall’inizio.

Siamo in un’immaginaria Londra del 1813 – immaginaria perché solo in un mondo parallelo in una
sala da ballo ottocentesca i violini si metterebbero a suonare Thank you next di Ariana Grande –
dove spadroneggia la pettegola lady Whisteldown, aka la Gossip Girl dell’800, che sparla, tramite
un giornalino a pagamento, di tutto, ma soprattutto di tutti, condendo il tutto con informazioni
sulle donzelle in età maritale e sulla stagione delle debuttanti.
Al centro della vicenda ci sono i Bridgerton che più che una famiglia sembrano una squadra di calcio:
otto figli chiamati tutti in ordine alfabetico – molto probabilmente per non dimenticarseli – e Violet,
madre impicciona e amorevole. Questa cucciolata-mandria non è in grado
di passare inosservata, ed è infatti Daphne, la prima in ordine di successione a debuttare, ad
attirare l’attenzione di nientepopodimeno della regina – che cambia pettinatura come noi ci cambiamo i calzini – che all’inizio della sua stagione le da un bacio sulla fronte dichiarandola così, la
più bella donezella del reame.

Però si sa, quando si è troppi in campo a giocare, si rischia di inciampare l’uno sull’altro ed è
proprio quello che fa Anthony, il primogenito dei Bridgerton nonché capo famiglia. Geloso,
prepotente e fin troppo volenteroso di dimostrarsi all’altezza del suo titolo, da non far altro che far
terra bruciata attorno a Daphne, respingendo tutti i suoi pretendenti decenti e presentandosi solo
con quelli che hanno per lo più l’aspetto del pesce del giorno prima sul bancone della pescheria.

A quel punto entra in gioco il bello e tenebroso duca di Hastings, ritornato dopo la morte del padre
per sbrigare faccende burocratiche e agitando tutte le nobildonne – e non solo – con il suo sorriso
e la sua presenza fisica.

Appena arrivato suscita nell’alta società un gran fermento, perché oltre che bello come il sole, è
pure stra-ricco e con un titolo nobiliare da far invidia a chiunque, tanto da spingere tutte le madri
a lanciargli – quasi letteralmente – le figlie. Simon Basset non ha però nessuna intenzione di
sposarsi e costretto a presenziare al ballo indetto da Lady Danbury, vecchia amica di sua madre e
donna dal carattere forte, si scontra con la giovane Bridgerton la sera stessa del suo arrivo.
Convinto che Daphne sappia chi sia, prova a fare lo splendido, rimanendo poi sorpreso e
affascinato dalla totale ignoranza della sua posizione e del suo nome agli occhi della ragazza.
Questo prima di apprendere che questa non è niente di meno che la sorella di Anthony Bridgerton,
suo vecchio amico dai tempi di Oxford, ritrovandosi così a fare una doccia fredda e un passo
indietro.
Desideroso di rimanere fuori dai drammi di corte e dedicarsi unicamente agli affari che lo hanno
ricondotto a Londra, ci viene inesorabilmente trascinato dentro quando Nigel Berbrook prova a
toccare in modo inappropriato Miss Bridgerton nel giardino di una villa durante un ballo,
assistendo al poderoso pugno che Daphne gli riserva mandandolo al tappeto, facendogli capire di
non avere minimante bisogno dell’aiuto di un gentiluomo .

A quel punto, entrambi consapevoli che Nigel non è per niente un candidato adatto per Daphne,
ma l’unico approvato dal cavernicolo Anthony – che si è premunito di allontanare tutti i decenti corteggiatori della sorella – decidono di unire le loro forze ed è in quel momento esatto che inizia
la fanfiction.
Simon inizierà a corteggiarla con interesse, attirando così ulteriori corteggiatori che si sentiranno
minacciati all’idea che un duca possa aver interesse in Miss Bridgerton e correranno ai ripari per
conquistarla. Allo stesso tempo, Daphne sarà la scusa perfetta per tenere lontane le madri avvoltoi
che vogliono appioppargli le figlie in sposa.
I due si accordano per un totale di balli a cui parteciperanno insieme, a delle uscite al parco, ai fiori
che lui dovrà portarle e a chiacchierate davanti ad un thè e pasticcini, regalandoci LA SCENA per
eccellenza dove tutte, compresa Daphne hanno desiderato essere un cucchiaino.

A quel punto le cose precipitano un po’ velocemente, fra discorsi sull’autoerotismo che portano
Daphne a toccarsi nel buio della sua stanza, ad un incontro ravvicinato in giardino, dove il duca
non tiene né le mani, né le labbra al suo posto, scatenando una reazione completamente diversa da quella
scatenata dal viscido Nigel ad un quasi duello per difendere l’onore di Daphne, ad un
matrimonio affrettato per sanare le dicerie sul loro incontro notturno nel giardino e tanto altro.
In sostanza sì, Bridgerton è trash, di quel trash che non puoi smettere di guardare. Quel trash che
tiene incollato allo schermo anche se non è storicamente accurato. Quel trash che attira l’attenzione con una grande varietà di uomini mezzi nudi e di donne anticonformiste per l’epoca. Di
quel trash che ricorda che non tutti i telefilm fatti in modo diverso sono da buttare, ma che l’arte
si può trovare anche nelle piccole cose.

BONUS

Insomma, fatemi sapere le vostre impressioni!

Da «le cronache mondane di Lady Emanuela»
01 Aprile 2021