Westworld 01×10 Recensione SEASON FINALE

Benvenuti a tutti ed eccoci pronti a commentare il season finale di Westworld! Questa prima stagione è stata come un giro in ottovolante, incredibile sotto tantissimi punti di vista e senza dubbio emozionante. Dopo una prima parte, a mio parere, pesante, ma necessaria, la serie ha preso il volo. Questo finale risponde alle nostre domande e immancabilmente ce ne lascia altrettante, in modo da proiettarci preparati al 2018 per la seconda stagione.

Westworld è stato capace di far ragionare il suo telespettatore. Accompagnandolo per mano nella storia, distribuendo qua e là indizi e notizie, la trama così sviluppata è riuscita a creare quella curiosità necessaria a spingerci a fare teorie, associare indizi e tentare predizioni. Nell’ottica presente, in cui i prodotti seriali di cui fruiamo sono più sempliciotti, è sbalorditivo quanto hype si sia creato intorno a questo prodotto difficile e intelligente. Potremo definirla la prova che il pubblico è attento e pronto a qualcosa di più impegnativo fintanto che poi l’impegno lo ripaghi in trame ragionate e coerenti. Come questo finale di stagione.

Nei 90 minuti di episodio completiamo il cerchio di una stagione che si chiude e andiamo anche oltre, ripassando dal via per cominciare già a ragionare per il futuro. Cosa abbiamo visto in questo finale?

Meave

Tristemente, Maeve scopre che in realtà non è libera di agire e non ha completa azione su sé stessa, ma semplicemente è stata programmata per scappare. Lei che sperava, e con lei pure io, di aver distrutto le catene che la rendevano prevedibile e controllabile, si ritrova ad affacciarsi alla realtà di non poter essere nient’altro che una sequenza di azioni già scritte, più o meno in grande.

Eppure, benché per lei ci fosse in previsione l’arrivo nel mondo umano, scende dal treno. Fa qualcosa che rompe la sua catena di istruzioni e rimane a Westworld, nel parco, dove in qualche modo sente di appartenere e dove ha potere.

William

Probabilmente questa di William è la scoperta più deludente della serie. Non deludente a livello di qualità, ma deludente perché ci mette davanti alla pateticità del personaggio. William e l’Uomo Nero sono effettivamente la stessa persona, si muovono in due filoni temporali diversi e alla fine si ritrovano creandone uno unico che ci presenta la crescita personale di William, o se me lo permettete, la sua involuzione e la sua sconfitta. Perché William era un ragazzo pieno di sogni e buon cuore, e invece la sua vecchiaia si rivela spietata e infelice. Ha sempre vissuto alla ricerca di uno scopo per sé, quando alla fine la vita umana non è altro che un viaggio insensato insieme ad altri esseri uguali che non hanno un percorso e devono crearselo per loro alla meglio. Il momento più importante per il giovane William, quello che rappresenta per lui l’epifania, è il ritorno da Dolores, nella sua storyline semplicistica della figlia del fattore. William, in quel momento, la vede per quello che è: una macchina programmata per eseguire un codice, senza altri sofismi o mistificazioni. Dolores non è mai stata sua nel senso spirituale del termine in quanto non ha spirito. La scoperta causa in William quel moto di dolore ben visibile sul suo volto (ben fatto Jimmi) e spalanca le porte al suo essere spietato, un po’ come se, nel reagire in quel modo, nel diventare il freddo Uomo Nero, volesse solamente ricercare legittimazione nella sua delusione verso gli androidi, e Dolores. Perché in fin dei conti Westworld non è altro che un gioco.

Il labirinto

Il famoso e tanto ricercato labirinto, in realtà, è quasi una metafora della vita umana. E’ un gioco, un rompicapo creato da Arnold ad uso degli host. Non è progettato per i visitatori, ma è un modo specifico per gli androidi di trovare il proprio essere alla fine del percorso. Un percorso verso una coscienza, verso la conoscenza del proprio essere. Ecco quindi un’altra delusione per William, che tanta pena si è dato nel cercare il centro del labirinto e alla fine non poteva trovarlo. Ottimisticamente però possiamo dire che anche lui ha usufruito della lezione che voleva impartire Arnold creando quel gioco: anche William infatti ha potuto cercare e ricercare se stesso nel labirinto.

Questi piaceri violenti hanno fine violenta

Con questa frase si potrebbe concludere e riassumere la vita di Ford. Il Dio del parco, colui che l’ha inventato e l’ha fatto crescere, alla fine si rivela andare a braccetto con l’ideologia di Arnold e nello stesso modo vuole uscire di scena. Confessa a Bernard e a Dolores le sue intenzioni e così pianifica la salvezza del parco e dei suoi “figli”. Nel momento in cui lui è messo alle stretta da un Consiglio che lo vuole fare fuori e il parco ha la incombente minaccia di una nuova gestione sulla testa, ecco che Ford passa all’azione. Ecco quindi che la frase di Shakespeare si rivela quasi profetica, tanto è piacevole e violenta la sensazione che dà avventurarsi nel parco, tanto sarà violenta la fine riservata a coloro che sopra ci speculano.

Non so cosa aspettarmi dalla nuova narrazione, non so se Dolores farà carneficina di ogni persona presente al party di addio di Ford, fatto sta che è una fine che sa di inizio, perché è esattamente come tutto è cominciato in principio.

Cosa succederà in futuro? Gli host regneranno sovrani nel loro piccolo mondo o tenteranno di uscire dal parco? Maeve come si comporterà ora che è scesa dal treno ed è rimasta a Westworld? Esistono altri parchi? Elsie è viva da qualche parte? Le domande non mancano! Bisogna solo trovare la pazienza di attendere la stagione 2!

Grazie a Westworld Italia e Lost in Series per la collaborazione e un abbraccio a tutti voi!

A presto,

G.

#Westworld